La SIAE ha recentemente siglato con Google, SACEM (Francia) e SGAE (Spagna) uno dei primi contratti licenziatari paneuropei per la distribuzione e la vendita di musica in tutto il Vecchio Continente ma è ben lontana dall’aver risolto il suo buco di bilancio di oltre 1 miliardo di euro. Il problema sembrava per alcuni aggravarsi visto che qualche giorno fa è stato varato dal governo un decreto attuativo che “sembrerebbe” liberalizzare il mercato dei diritti di copyright. Però dall’estratto della bozza del decreto liberalizzazioni in realtà non si va a toccare in maniera diretta SIAE, ma SCF/Nuovo IMAIE, che si occupano della riscossione dei diritti degli interpreti e degli esecutori. Il decreto, infatti, va a toccare i “diritti connessi” ai diritti d’autore, ovvero, citando il sito SIAE: “I diritti connessi al diritto d’ autore sono quei diritti che la legge riconosce non all’autore di un‘opera, ma ad altri soggetti comunque collegati o affini (si veda al riguardo il Titolo II della legge speciale 633/1941). I diritti connessi più importanti sono quelli riconosciuti agli artisti interpreti ed esecutori, quelli che spettano ai produttori di dischi fonografici o supporti analoghi, quelli dei produttori di opere cinematografiche o audiovisive e quelli riconosciuti alle emittenti radiofoniche e televisive”. Solo per i “diritti connessi” – quindi – la gestione dei diritti degli autori potrà essere adesso effettuata da qualsiasi società o impresa di amministrazione e intermediazione, indipendentemente dalla specifica forma giuridica o struttura organizzativa adottata. Insomma il ladrocinio organizzato è tutt’altro che risolto: del resto siamo in Italia, come potrebbero mai smentirsi.
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